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Pentecoste e psicologia: donarsi a tutti?

Dono delle lingue tra Pentecoste e psicologia: sogni, schizofrenia e/o spiritualità?

Atti 2,1-11

Introduzione alla psicologia della Pentecoste

In questo brano degli Atti degli apostoli lo Spirito Santo scende sugli uomini dando loro il potere di esprimersi in lingue che non conoscevano, quelle native dei popoli a cui avrebbero dovuto annunciare le opere di Dio. In sostanza, Dio apre la conoscenza del messaggio a tutti, non solo a coloro che facevano parte del “popolo eletto”, ossia gli ebrei e nel contempo dà a coloro che sono chiamati a diffondere il Verbo, la capacità comunicativa per farlo.

Nonostante io pensi sarebbe molto utile nel 2024 che le persone seguissero un corso di comunicazione efficace per migliorare i propri rapporti interpersonali, nel Vangelo Dio ha scelto una via più veloce e immediata per ottenere lo stesso risultato: facilitare le comunicazioni e la diffusione della Buona Notizia (forse anche perché gli studi sulla comunicazione efficace non c’erano ancora).

Il dono delle lingue nelle varie confessioni cristiane

Nelle varie confessioni cristiane, a questo episodio viene data un’importanza un po’ diversa, infatti nei movimenti pentecostali ed evangelici, il cosiddetto “dono delle lingue” è un caposaldo spirituale in quanto si ritiene che sia una preghiera più libera e ispirata, perché più “abbandonata” nelle braccia dello Spirito Santo.* Nel cattolicesimo, si dà maggiore importanza all’uso ragionevole di questo dono, riprendendo questo atteggiamento da quanto dice San Paolo nella Prima Lettera ai Corinzi:

Pentecoste e psicologia

« Grazie a Dio, io parlo con il dono delle lingue molto più di tutti voi; ma in assemblea preferisco dire cinque parole con la mia intelligenza per istruire anche gli altri, piuttosto che diecimila parole con il dono delle lingue. Fratelli, non comportatevi da bambini nei giudizi; siate come bambini quanto a malizia, ma uomini maturi quanto ai giudizi. Sta scritto nella Legge: Parlerò a questo popolo in altre lingue e con labbra di stranieri, ma neanche così mi ascolteranno, dice il Signore. Quindi le lingue non sono un segno per i credenti ma per i non credenti, mentre la profezia non è per i non credenti ma per i credenti. »

1 Cor 14, 18-22

Pentecoste e psicologia: definizione

In mezzo a questi due atteggiamenti di fede, un po’ più incline ad affidarsi senza troppe domande e uno più incentrato sul mantenere la propria intelligenza al centro della propria esperienza di fede, ci sono gli studi psicologici sul “dono delle lingue” che in termini scientifici viene chiamato “glossolalia”: questo termine deriva da due parole greche “glossa” e “ialeo” che significano rispettivamente “lingua” e “parlare” e può significare sia la capacità di parlare una lingua che però il soggetto non conosce, sia fare vocalizzi senso senso, ma anche esprimersi in un linguaggio mistico sconosciuto.

Pentecoste e psicologia: gli studi scientifici

Questi studi tentano di dare un punto di vista scientifico su quello che può essere successo nel giorno di Pentecoste e in altri casi in cui si sono registrati episodi simili, anche in età più moderna (ma non solo). I primi studi sul fenomeno iniziarono tardi, nel 1900 con lo psicologo Théodore Flournoy che pubblicò il caso di una donna con questa caratteristica, Hélène Smith e proseguirono nel 1906 lo psichiatra Emil Kraepelin che sostenne che come il linguaggio dei sogni era simile a quello del paziente schizofrenico, così lo era la glossolalia.

Nel 1927 avvenne una svolta con la pubblicazione del libro di G. B. Cutten “Speaking with Tongues: Historically and Psychologically Considered” che diventò uno standard per gli studi successivi e nel 1972 John Kildal sostiene una tesi contraria a quella di Kraepelin, ossia che la glossolalia sia un linguaggio che non necessariamente è collegato alla malattia mentale e che anzi chi aveva la caratteristica di usarlo soffriva meno lo stress ma allo stesso tempo era psicologicamente più bisognoso di figure autoritarie e più incline ad avere crisi nel corso della vita.

L’ultimo studio fu quello di Nicholas Spanos, pubblicato nel 1987, che sostenne che essa è semplicemente un’abilità acquisita e che non è necessario che avvenga uno stato di trance per ottenerla, si chiamava: Glossolalia as a Learned Behavior: An Experimental Demonstration.

A cosa ci servono queste informazioni?


Un fedele sicuramente decide di credere che tutto ciò che è raccontato nei Vangeli sia vero, a volte nel senso storico, altre come significato teologico ma niente gli vieta di cercare di dare spiegazioni anche razionali a certi fenomeni che possano aiutarlo a trovare una strada in cui la fede sia uno degli strumenti per avere una “vita buona” e a discernere in quali casi si possa parlare di veri e propri doni dello Spirito e in quali invece ci possano essere alla base di alcuni comportamenti eccentrici delle problematiche o caratteristiche di tipo psicologico.

Una spiegazione anche psicologica non vuol dire rinnegare il significato teologico, ma poter dare anche un senso alla ricerca di Dio in determinati momenti della nostra vita.

Forse si cerca Dio quando andiamo in crisi e sicuramente è vero che non c’è l’abitudine – come molti sacerdoti giustamente vorrebbero – di cercarLo anche nei momenti felici, nella quotidianità, di non fare di Dio il nostro Xanax quotidiano… ma per arrivare a questa maturità di fede e psicologica forse è necessario partire o ripartire da quei momenti nella vita in cui siamo stati in crisi e bisognosi di qualcuno che ci guidasse fuori da quei momenti infelici.

Pentecoste e psicologia: perché (forse) abbiamo bisogno di entrambe?

Forse è vero che gli Apostoli sono stati chiamati da Gesù ma che la scelta di seguirLo è stata dettata anche dal loro bisogno di una speranza, ma questo era solo l’inizio del cammino.

Un cammino che, grazie allo Spirito Santo e al “dono delle lingue” Dio ha voluto estendere a tutta l’umanità, a tutti noi partendo dalla nostra umanità. Un esercizio per rendere fruttuose queste riflessioni nella tua vita può essere chiederti: “C’è stato un momento nella mia vita in cui ho avuto bisogno di una guida forte? Se sì, perché? L’ho trovata? Se sì, in chi? Com’è andata?”

E successivamente:

“Sono uscito/a dalla crisi? Sono disposta/o a diventare guida per altri, sapendo che io ne
ho avuto bisogno e pur sapendo che per farlo dovrò controllare il mio volermi sentire
Dio?”

Note e sitografia:

Approfondimenti:

Se hai interpretato “donarsi a tutti” come “non dire mai di no” ti consiglio questo articolo: Perché faccio troppo per gli altri?

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