“Non ho tempo” è una frase che ho sentito dire spessissimo e detto ancora più spesso. Addirittura ci credevo, poi mi sono resa conto che in realtà era falsa. Poi ho sentito anche dire e a mia volta l’ho detto, che è tutta questione di priorità, di comprenderle, sentirle e seguirle. Il tempo ce l’ho, ce l’abbiamo, uguale a quello di tutti gli altri durante una giornata. Le priorità cerchiamo di averle chiare e di perseguirle, ma non sempre e facile. Quello che non possiamo sapere, invece, è quando sarà la fine dei nostri giorni. Qui, forse, possiamo dire che oggettivamente qualcuno ha più tempo e qualcun altro no… però nessuno di noi può sapere davvero quanto tempo ha quindi, in teoria, questo parametro non dovrebbe incidere sulla pienezza con cui viviamo il tempo che abbiamo. In teoria, appunto.
La paura di non avere tempo
La realtà, però, è diversa. Noi non sappiamo quanto tempo abbiamo ma sappiamo solo che è limitato, perlomeno in questa vita. Chi crede nella vita eterna, crede in una vita che continua dopo la vita che già conosciamo. Tuttavia, non sa bene di cosa sia fatta e comunque deve fare i conti con due cose:
- il passaggio da qualcosa che conosce a qualcosa che non conosce;
- la possibilità anche di sbagliarsi (così come chi non ci crede, evidentemente).
Come ci approcciamo, però, alla consapevolezza che il nostro tempo è limitato?
Questa è una domanda molto importante, perché la risposta ci dice molto sul livello di serenità che possiamo raggiungere.
Dietro il “non ho tempo” si può infatti nascondere il “mi riempio di attività a caso perché così mi sento più vivo e avrò la sicurezza di aver fatto tutto quanto potevo prima di morire, di essere pieno di esperienze e, quindi, di aver dato il massimo”. Di per sé il concetto non è così sbagliato, ma lo è ancora se la quantità di esperienze che facciamo invece di produrre benessere produce malessere?
Affrontare questa paura per capire, sentire e seguire le priorità
È semplicistico dire che per fare meno e meglio bisognerebbe rivedere le proprie priorità. Ci sono, infatti, situazioni in cui non è facile capire quali esse siano e sotto sotto c’è la paura di non fare abbastanza per sentirsi soddisfatti o di concentrarsi troppo su sé stessi trascurando gli altri e di incorrere nella solitudine.
Vi spiego però perché, secondo me, questo non è l’atteggiamento giusto e lo faccio con una metafora semplice e potente, quella della conoscenza.
Siamo abituati a pensare alla conoscenza come all’avere più informazioni possibili e in parte è vero ma cosa succede se queste informazioni tento di apprenderle tutte in una volta e in poco tempo?
Grazie agli effetti primacy e recency ricorderemo le prime cose che abbiamo imparato e le ultime e avremo, molto probabilmente, un buco cosmico nel mezzo. Altro problema: le informazioni saranno dimenticate dopo poco (uno dei grandi problemi di chi non studia “volta per volta”, vero?) e non saremo in grado di fare collegamenti utili. Essi ci permetterebbero sia di ricordare sia di poter utilizzare quelle informazioni nel quotidiano. Insomma, una gran fatica ma con l’utile, quando va bene, di ottenere soltanto un buon risultato ad una performance.
Allo stesso modo, riempirsi di attività in modo incontrollato, specie se non in linea con le nostre priorità e valori, farà soltanto l’effetto di “riempire il vuoto”. Quello che però sarebbe importante è, invece, l’idea di “significatività” che tanto è di aiuto nell’affrontare sia la paura della morte che di produrre benessere psicologico.
E se quel vuoto, casualmente, una volta non si potrà riempire… cadremo nello sconforto.
Come capire, sentire e seguire le priorità: quello che nessuno ti dice
Potrei dirvi che avrete chiare le vostre priorità quando avrete chiari i vostri valori e non sbaglierei. Starei, però, semplificando eccessivamente un discorso molto più ampio e complesso.
Le priorità sono un complesso molto più sfaccettato di valori, doveri, piaceri e bisogni.
Esempio: possiamo avere il valore di aiutare gli altri. Improvvisamente riceviamo la telefonata di un amico che ci chiama per accompagnarlo a un posto a tre ore di macchina. Il problema è che abbiamo appena staccato dal turno in fabbrica e ci si chiudono gli occhi. Anche se abbiamo il valore di aiutare gli altri, la nostra condizione ci dovrebbe impedire – se abbiamo buon senso – di rischiare la nostra e altrui vita per un probabile colpo di sonno.
Inoltre, l’individuare le proprie priorità ha una componente emotiva importante. Perché?
- Se siamo spesso disponibili per gli altri può essere difficile essere in contatto con i nostri reali bisogni;
- Se siamo troppo centrati su noi stessi ciò potrebbe non farci percepire i bisogni degli altri e il fatto di doverli – momentaneamente – prioritizzare;
- Se per molto tempo abbiamo seguito strade che ci sono state imposte dall’esterno e ora non siamo più in grado di capire “dove finiamo noi e dove iniziano gli altri”.
Un piccolo esercizio
Andare a fondo di ciò richiede di iniziare un percorso con uno psicologo ma forse si può dare qualche indizio generale per comprendersi meglio:
- Quando accetti un nuovo impegno come ti senti?
- Pensi che vorresti più tempo libero?
- Pensi che il dovere venga sempre prima del piacere? (O, al contrario, il piacere sempre prima del dovere?)
- Cosa senti quando devi risolvere un imprevisto che dilata il tempo in cui potrai dedicarti a ciò che vorresti? (su questo ti consiglio di leggere il mio articolo sull’esperimento del marshmallow qui);
- Quando qualcuno ti sgrava da un compito che sarebbe tuo come ti senti?
Sono poche e semplici domande che ti servono per iniziare a capire quanto sei soddisfatto/a di come impieghi il tuo tempo attualmente e di quanto sei in contatto con ciò che realmente vorresti.
Altra cosa importante è “darsi la libertà di fare schifo”: come dicevo qui.
Conclusioni
La vera accettazione del tempo limitato che avete e l’affrontare seriamente la paura della morte vi porteranno a riuscire a vivere quel tempo in pienezza, agendo secondo i vostri valori. Si può anche fallire nello scegliere la propria strada, nel senso di non vedere risultati tangibili, ma se la si sente dentro, non si sarà davvero scontenti e si sarà pronti ad affrontare un “fallimento” che però potrebbe portare risultati inattesi anche quando noi non ci saremo. Cosa che alla fine ci importerà, ma non quanto pensiamo… perché durante il processiamo siamo stati felici.
Un video di approfondimento sulla paura della morte interessante è sul canale di Rick DuFer: qui
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